RAVERS, PIU’ PUNK DI PRIMA.

Ero già interessato ad andare a Milano a vedere la manifestazione dei ravers da quando una mia amica mi aveva raccontato del fattaccio successo a Cusago, lei era là quella sera. Ho preso la palla al balzo,  il giorno del corteo (22 dic. 2012 d.k.) sono approdato nella nebbiosa Milano per andare a trovare il mio amico Ale (Kalashnikov) per facezie e amenità varie, così sono riuscito come sempre ad unire l’inutile al disdicevole. Ale mi accoglie in stazione con un abbraccio e un “allora eh? come và babbo di minchia?” e dopo una cinquantina di kilometri fitti a piedi arriviamo alla piazza in cui alle 14 e 30 si sarebbe dovuto radunare il corteo, cosa che praticamente avviene un par d’ore dopo. Il motivo di questa cosa: un mesetto prima ci sarebbe dovuto essere un rave a Cusago (MI) in occasione dei 10 anni di una conosciuta tribe del giro tekno. I ragazzi erano entrati in un’area privata, tra l’altro col consenso del proprietario, avevano montato il sound e i vari banchetti, la gente stava iniziando ad arrivare. Sul presto però arrivano i poliziotti con la cavalleria pesante per intimano lo sgombero. Non si aspettavano però che i presenti reagissero ribadendo il loro diritto di fare la loro festa. E invece accadde proprio questo. I ravers non se ne sono andati con la coda tra le gambe e hanno risposto “vogliamo solo ballare in questo posto in disuso, lo faremo, e domani ce ne andremo”. A questo punto le squadracce fasciste in divisa (non saprei come altro definirle) pagate dai genitori di quei ragazzi hanno dato via ad una macelleria messicana in Diaz style, a base del solito menù:  pestaggi, manganellate, i soliti insulti, l’ormai trito e ritrito terrorizzante&noioso mix di arroganza e violenza gratuita. E, badi bene chi dice che è colpa dei “facinorosi” quando accadono certe cose, hanno massacrato gente che voleva solo ballare. Il bollettino: una cinquantina abbondante di feriti, un cane ucciso a manganellate (di cui non sappiamo il nome ma gli abbiamo dedicato il nostro ultimo concerto), una ragazza finita in coma cadendo nel tentativo di fuggire. Questi i fatti. 

Il raduno per la manifestazione era alle 14 e 30, ma nei fatti è stato un paio d’ore dopo, e questo ci ha dato il tempo di fare un giro nel castello sforzesco, che era a due passi dalla piazza. Inspiegabilmente nel parco del castello c’era la neve..fuori no. Forse dopo tutto quel camminare eravamo arrivati a Narnia. Quando la piazza si popola troviamo parecchia gente, incontro anche tanti ragazzi dell’XM24 di Bologna. Ci sono tanti cilum, vin brulè, tanto freddo. Alcuni sono anche troppo fatti cazzo, questa deve essere una street parade ok, ma soprattutto una manifestazione per quello che è successo. Ci sono due camion che sparano musica prima hip hop, poi classiconi punk tipo DK, Sham 69, Punkreas, ecc e infine prima di lasciar andare la molestia della cassa dritta tekno un ragazzo fa al microfono un ottimo discorso. Una cosa del genere: “Se siamo qui oggi è perchè non siamo discotecari, non siamo ballerini del sabato sera, ma soprattutto non siamo consumatori passivi, numeri in pasto a statistiche di marketing. Non siamo neanche ravers, queste sono etichette di comodo messe da altri, e troppe volte da noi stessi, ma servono solo per controllarci meglio. Non siamo neanche di destra o di sinistra. Noi siamo persone. Persone che hanno deciso di non sottostare alle leggi di mercati, che hanno deciso di praticare un divertimento basato sull’autogestione, ovvero di divertirci per i fatti nostri e senza fini di lucro. Oggi siamo quindi qui per far sapere a Milano che noi portiamo avanti una controcultura, un modo nuovo e più umano di stare insieme. Ed è esattamente questo il motivo per cui a Cusago ci hanno picchiato.”

Un discorso vicinissimo, anzi! uguale, a quelli che si ascoltano negli ambienti punk. E se la repressione ha come risultato il rinforzarsi dell’unione delle sottoculture, cosa che da sempre noi auspichiamo, beh, allora benvenga. Non tutte le manganellate vengono per nuocere. Questa è una regola naturale, che per tutti funziona uguale, anche per questi galantuomini della patria: oggi si semina, domani si raccoglie. 


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"Cronistoria di un baobab cresciuto nel cemento" Siamo tre sbombardati come voi, capitati per caso in questi opachi anni zero come voi. Con l'urgenza di essere un ordigno, una piccola esplosione di rumore e parole in mezzo a questo buio post-DEMENcratico, post-punk, post-cyber, post-futuro... Post-tutto, ma alla fine niente. Oh baby, sapessi com'è divertente inventarsi ogni giorno qualcosa per passare il tempo quando non hai nessuna prospettiva davanti! Un vero spasso...
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Una risposta a RAVERS, PIU’ PUNK DI PRIMA.

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